4. I CHIARI DELLA VAL DI CHIANA
Non è possibile vedere campi più belli; non vi ha una gola di terreno la quale non sia lavorata alla perfezione, preparata alla seminazione. Il formento vi cresce rigoglioso, e sembra rinvenire in questi terreni tutte le condizioni che si richieggono a farlo prosperare. Nel secondo anno seminano fave per i cavalli, imperocché qui non cresce avena. Seminano pure lupini, i quali ora sono già verdi, e portano i loro frutti nel mese di marzo. Il lino pure è già seminato; nella terra tutto l’inverno, ed il freddo, il gelo lo rendono più tenace.
Johann Wolfgang von Goethe
Viaggio in Italia, 1813-1817
L’OCCHIO DI LEONARDO
Per la descrizione di quest’Opera, dobbiamo per prima cosa introdurre il concetto di Realtà Aumentata, ovvero una realtà così percepita sensorialmente e intellettualmente dall’individuo, arricchita di dati in formato digitale. In sostanza un potenziamento delle possibilità fornite dai cinque sensi e dall’intelletto tramite dispositivi elettronici.
Partendo dal concetto di questa tecnologia, unita alla mappa disegnata da Leonardo da Vinci a cavallo fra il 1502 e il 1503 è nata l’Installazione “L’occhio di Leonardo”.
Esigenza fondamentale per la fruizione popolare di dati e concetti, è la semplificazione dei mezzi a disposizione. Scopo dell’installazione è quello di eliminare parzialmente la tecnologia e tornare a quella realtà territoriale millecinquecentesca, facendo coincidere elementi del passato con elementi morfologici contemporanei.
L’Opera, realizzata su vetro, rappresenta il paesaggio della Val di Chiana al tempo della famosa mappa disegnata da Leonardo da Vinci, quando nella Valle erano presenti i “Chiari”, ovvero ampi specchi d’acqua che, con i loro riflessi bianchi di luce, si scorgevano all’orizzonte.
Uno in particolare è di nostro interesse, ovvero quello posizionato a fondo valle, centro dell’immagine dove incontra il fiume Salco, fiume che attraversa l’Azienda Vinicola Salcheto. L’immagine è volutamente incompleta, così da bilanciare elementi reali ed elementi disegnati, andando a creare, in un dialogo continuo fra soggetto in primo piano e sfondo paesaggistico, una sorta di antica mappa.
Dal punto di vista di chi osserva, l’immagine dipinta su vetro (indietreggiando di circa quattro o cinque passi dalla stessa) si sovrappone al territorio reale, con le sue colline e il suo orizzonte, svelando il percorso del fiume attualmente nascosto dalla vegetazione e il lago, oggi bonificato, proiettando lo spettatore in una vista dei ”I Chiari della Val di Chiana” del 1500.
Naturalmente l’Opera è una struttura interattiva con il quale lo spettatore deve giocare e trovare la giusta sovrapposizione individuando alcuni elementi chiave che daranno modo di sovrapporre le due vedute più rapidamente.Una volta trovata la sovrapposizione, la vegetazione attuale si andrà a fondere con le linee dello scorcio disegnato e l’Opera sarà completa.
UN PO’ DI STORIA
Il territorio pianeggiante che vediamo a valle del colle di Montepulciano è la Val di Chiana, un’area di 1.272 chilometri quadrati, situata ai limiti orientali del Senese e del Chianti. È un esempio di grande conca tettonica, formatasi in seguito ai movimenti che diedero origine alle catene a pieghe e sovrascorrimento dell’Appennino.
Milioni di anni fa buona parte dell’Italia era coperta da un caldo mare tropicale, dove nuotavano squali, balene, delfini e pesci di ogni tipo. Quell’antico mare era costellato d’isolette coperte da una lussureggiante vegetazione e nei suoi fondali vivevano molte specie acquatiche che oggi troviamo nell’oceano indopacifico. Quel tempo lontano si chiama Zancleano, in altre parole il Pliocene Inferiore (dai 5,3 ai 3,6 milioni di anni fa). Ancora oggi, si recuperano sporadicamente i fossili degli animali che abitavano i fondali di quell’antico mare; i sedimenti risalenti a quel periodo emergono anche in questi luoghi del basso senese.
Questo era in origine la Val di Chiana: un vasto lago che a poco a poco è stato colmato dalle alluvioni dei fiumi provenienti dai rilievi circostanti.
Al tempo degli Etruschi e dei Romani, divenne una regione fertile e popolata solcata dal fiume Chiana, che defluiva verso il Tevere. La lussureggiante valle coltivata dagli Etruschi, fu arricchita dai Romani con opere fluviali e stradali come la via di navigazione sul fiume Clanis (Chiana) verso Roma e la strada consolare Cassia Vetus, di antica origine, realizzata da un magistrato di difficile individuazione, forse Quinto Cassio Longino console nel 164 a.C. In epoca imperiale, ad opera dell’imperatore Adriano nel 123 d.C., la via Cassia, che da Roma si dirigeva verso Arezzo, fu diramata presso la statio Ad Novas (collocabile in località Fontegrande, ad Acquaviva) con un secondo troncone che conduceva verso Firenze. I tracciati minori che probabilmente ricalcavano i percorsi viari più antichi, distaccandosi dalla via principale, collegavano i centri minori. La viabilità dell’epoca romana, fondata verosimilmente su una precedente rete viaria usata già in epoca etrusca, restò in uso per secoli.
La strada e i suoi diverticoli furono persi nel 1055 quando Orvieto, alleata di Firenze, per combattere le città di Siena e Perugia decise di costruire uno sbarramento murario alto circa venti metri sul fiume Clanis (Chiana) a Carnaiola (Fabro Scalo); in questa località ne sono
Chiana: il Clanis, infatti, non potendo più scaricare le proprie acque nel fiume Paglia, finì per ancora visibili i resti, che in seguito avrebbero preso il nome, di “Muro grosso”. L’opera arrecò inevitabili danni alla Val di rompere gli argini, dando luogo in poco tempo ad una sorta di lago. L’acqua, che non poteva più defluire, stagnò su vaste aree chianine, che a breve si tramutarono in un malsano acquitrino.
La grande palude che si formò rese così insalubre la Valdichiana che Dante, sommo poeta, in una citazione così scrisse: “Quivi son volti lividi e confusi. Perché l’aere e la Chiana li nimica…”.
La bonifica delle zone palustri iniziò attorno al 1300 con l’apertura di un canale di comunicazione con l’Arno, a nord, dando così inizio al fenomeno dell’inversione della Chiana. Verso la fine del secolo XIV, Firenze impose la prosecuzione dello scavo del canale maestro.
Fra il 1502 ed il 1503, Leonardo da Vinci fu incaricato di redigere una mappa della Val di Chiana, in cui originale è confluito dal 1690 nel Royal Collection di Windsor, nel Regno Unito. Una mappa accuratamente rifinita, centrata sul lungo lago che un tempo occupava la Valdichiana. Il nord è a sinistra, il Tevere corre lungo il bordo superiore, e l’ansa meridionale dell’Arno è al centro sinistra.
In quel periodo Leonardo era al servizio di Cesare Borgia e, sebbene lo scopo della mappa non sia esplicitato, è evidente che i laghi e le vie d’acqua sono chiaramente al centro dell’attenzione. Si ritine pertanto che la mappa sia stata realizzato in connessione con un piano di drenaggio della palude malarica della Valdichiana, un progetto che impegnò i fiorentini per diversi secoli.
La Valdichiana rappresenta il fulcro di un progetto di Leonardo che intendeva canalizzare l’Arno sbarrando il deflusso settentrionale ed utilizzare le chiuse per controllare il drenaggio del lago nell’Arno (come descritto dallo stesso Leonardo nel Codice Atlantico f. 46v-a). In questo modo sarebbe stato possibile regolarizzare il livello dell’Arno, soggetto a forti variazioni stagionali, che compromettevano la navigazione del fiume. Leonardo realizzò la mappa della zona a volo d’uccello, con una prospettiva dall’alto, come se stesse sorvolando le zone.
Leonardo da Vinci 1502-1503 ca.
Carta RL 12278 – Royal Collection Trust – Castello di Windsor, UK
Carboncino, inchiostro, lavaggio di colore
33.8 x 48.8 cm
Nel 1572 Ferdinando I de Medici, Granduca di Toscana, perseguiva ancora l’intento di bonifica della Val di Chiana, considerato “granaio copiosissimo”. Nel 1780 lo Stato Pontificio e il Granducato di Toscana concordarono la costruzione dell’argine di separazione delle acque tra la Chiana Romana e la Chiana Toscana. La direzione dei lavori di Vittorio Fossombroni e Alessandro Manetti, nei primi decenni dell’Ottocento, perfezionarono le operazioni di bonifica, che portarono alla totale rinascita della valle fatti salvi i laghi di Montepulciano e di Chiusi.
La rappresentazione di Montepulciano e della Valdichiana nella Carta geotermica della Toscana di Giovanni Inghirami del 1830.
Carta geometrica della Toscana ricavata dal vero nella proporzione di 1 a 200.000 e dedicata a S. A. I. e R. Leopoldo II , Principe Imperiale d’Austria, Principe Reale d’Ungheria e di Boemia, Arciduca d’Austria, granduca di Toscana etc. etc. dal suo ossequiosissimo servo e suddito Giovanni Inghirami delle Scuole Pie, Firenze 1830
L’asciugamento dei terreni impaludati prevedeva il drenaggio e la canalizzazione delle acque verso il Canale Maestro e, nonostante le risorse economiche impiegate nei vari secoli, fu solo con i Lorena, tra ‘700 e ‘800, che la bonifica della Val di Chiana fu risolutivamente avviata in modo considerevole e mirato. Nel 1788, Pietro Leopoldo nominò Sovrintendente generale Vittorio Fossombroni. Questo presentò un progetto che prevedeva di bonificare tutta la vallata: innalzando i terreni nella zona di Chiusi grazie ad imponenti colmate, che secondo i suoi calcoli avrebbero invertito la pendenza della valle in direzione dell’Arno.
Questo progetto, detto la “gran colmata”, rispetto a quelli antecedenti, avrebbe alterato le particolarità ambientali del territorio. Ma per mettere in pratica il progetto, Fossombroni chiese la collaborazione di Alessandro Manetti, un esperto di idraulica che, alcuni anni dopo, gli subentrò nella gestione delle opere di bonifica della valle. Il Manetti elaborò un diverso approccio nella bonifica; preferì non utilizzare in modo eccessivo le colmate.
Per far scorrere le acque verso l’Arno si diede inizio a una diminuzione del livello della Chiusa dei Monaci e s’ingrandì il Canale Maestro, s’incanalarono alcuni torrenti e si misero in ordine i canali.
Le operazioni di bonifica continuarono anche dopo la formazione del Regno d’Italia. All’inizio del XXI secolo, come prosecuzione della bonifica, vi era l’intento di prosciugare anche i restanti chiari di Chiusi e Montepulciano: ma per buona sorte il progetto non fu realizzato.
La sopravvivenza dell’ecosistema costituito da questi due laghi è resa problematica dalle profonde trasformazioni antropiche, fondiarie ed idrauliche che hanno pesantemente condizionato lo sviluppo dell’area. La Val di Chiana nella sua attuale configurazione è, infatti, il frutto di una continua opera di regimazione idrica e di sistemazione del territorio volta alla sua bonifica integrale. Il Lago o Chiaro di Montepulciano (come lo chiamano i locali), costituisce un esempio piuttosto raro di ambiente lacustre ancora non seriemente compromesso, caratterizzato da specie animali e vegetali proprie o comunque rare, un ambiente unico e prezioso in cui la biodiversità vegetale ed animale è diventato un valore da conservare.
L’AMBIENTE
Nel rispetto e dalla necessità di preservare la biodiversità è nata l’Oasi del Lago di Montepulciano e la Riserva naturale della provincia di Siena.
L’Oasi è situata nella parte meridionale del lago di Chiusi, include la parte che dal punto di vista naturalistico è la più interessante; la zona delle acque basse, è ricca di piante acquatiche, rare, come il nannufero (Nuphar letuum), la castagna d’acqua (Trapa natans) l’utricolaria (Utricularia vulgaris), la Vallisneria spiralis e la bellissima ninfea bianca (Nymphaea alba). E da un bosco igrofilo a salici e pioppi che ospita una delle garzaie, (il termine garzaia indica il luogo in cui nidificano collettivamente diverse specie di aironi [fam. Ardeidae] con abitudini coloniali), tra i più importanti dell’Italia centrale, con un’ampiezza complessiva di 8 ettari.
Una buona parte dell’Oasi è occupata dal bosco ripariale, (ovvero da quella fascia di vegetazione che si trova ai margini di un corso d’acqua, pur non costituendo ambiente bagnato), composto da salici e pioppi, dove è molto diffuso anche il salice cinereo, dal portamento cespuglioso.